Nel 1961 l’esame dei primi 3.500 studenti a distanza

Featured Video Play Icon

Dal 27 aprile 2020 la Rai ha avviato Scuola@Casa Maturità: lezioni di 30 minuti a supporto della didattica a distanza tenute da docenti universitari e accademici in vista dell’esame di stato del 17 giugno. Un’esigenza indotta dal coronavirus, ma tutt’altro che una novità. Nell’aprile 1961 infatti in Italia, secondo la Rai, erano già 40 mila gli allievi che avevano studiato a distanza grazie a uno schermo. E giungeva così alla fine del suo primo trienno la “Telescuola”. L’esperimento era stato iniziato alle due del pomeriggio del 25 novembre 1958 dalla Rai in collaborazione con il Ministero della Pubblica istruzione. E grazie a esso poterono sostenere gli esami i primi iscritti ai corsi di avviamento professionale a distanza a indirizzo industriale o agrario introdotti dalla Rai.

Una foto del set di Telescuola tratto da Epoca del 23 aprile 1961.
Una foto del set di Telescuola tratto da Epoca del 23 aprile 1961.

Costata 300 milioni di lire, la “Telescuola” – come invece emerse a dicembre 1961 – partì con 30 mila studenti, ma ne portò agli esami in presenza 3.500. Di questi pionieri delle videolezioni ne furono promossi solo 1000. “La televisione per ogni ragazzo che ha conseguito alla fine dei tre anni il diploma ha speso almeno un milione” sottolineava La Stampa il 3 dicembre 1961. In ogni caso, aggiungeva il quotidiano torinese, i corsi “sono stati molto utili alla nazione se hanno dato modo a tanti giovani di apprendere nuove nozioni, di imparare a scrivere con correttezza e leggere con intelligenza”.

Tutti ai posti d’ascolto

La copertina di Epoca del 23 aprile 1961 (scansione di www.petitsondes.net)

Non tutti nei primi anni della televisione in Italia avevano un televisore in casa. E così le lezioni furono seguite sì a distanza ma in quasi duemila “posti d’ascolto” (Pat). Di essi 1587 (di cui 941 a sud e nelle isole) erano organizzati dal Ministero del lavoro. Gli altri erano gestiti da enti, associazioni, sindacati, privati e parrocchie.

Fu una trasmissione che andava in onda tutti i giorni senza restrizioni di pubblico. Tanto che lo stesso papa Giovanni XXIII confessò ai dirigenti della Rai: “Più di una volta ho seguito i vostri programmi” (Corriere della Sera dell’8 dicembre 1961).

 

Davanti allo schermo, ma non soli

“Gli scopi e le finalità dell’iniziativa non sono evidentemente quelli di sostituirsi alla Scuola tradizionale, data la insostituibilità del rapporto diretto tra docente e discente” teneva a precisare l’amministratore delegato della Rai di quegli anni, Marcello Rodinò, sul settimanale Epoca del 23 aprile 1961.

Nei posti d’ascolto era presente un tutor, con il compito di aiutare gli studenti nella didattica a distanza ante litteram. Gli organizzatori dei Pat, attraverso il coordinatore, curavano che le lezioni fossero seguite con assiduità, controllavano il lavoro degli allievi e mantenevano  i contatti con la direzione dei corsi – che era affidata dalla Rai a Maria Grazia Puglisi, una prof del “Righi” di Roma – anche per la stesura e la correzione dei compiti. Si trattava, nell’anno scolastico 1960/1961, di quattro ore al giorno di lezione. Nel 1960 le ore di trasmissione complessive erano salite a 687: oltre 300 in più rispetto al 1959 (Corriere della Sera del 22 agosto 1961). I libri di testo erano preparati ed editi dalla Radiotelevisione italiana con il “riconoscimento” del Ministero.

Maria Grazia Puglisi, a destra nella foto, insieme al Prof. Medi ed alla Regista di Telescuola Marcella Curti
Maria Grazia Puglisi con il prof. Medi e la regista di “Telescuola” Marcella Curti da Famiglia Cristiana dell’11 marzo 1962, n.10.

Telescuola come ammortizzatore sociale

La finalità della “Telescuola”, secondo Rodinò, era quella di consentire a chi viveva in centri nei quali non erano presenti questo genere di scuole o che, per ragioni di età o di lavoro, non potevano frequentare regolari corsi scolastici “di accedere al grado di istruzione che i corsi televisivi comportano e di ottenere, superando gli esami, il relativo titolo di studio”. Pierluigi Battista fu, nel 1965, uno degli allievi di “Telescuola”: “È stato un grande ammortizzatore sociale”, ha testimoniato il giornalista. L’esperimento della didattica a distanza della Rai terminò nel 1966.

La didattica del futuro con le videochiamate

Stratovision presentato da Popular Science del gennaio 1961.
Stratovision presentato da Popular Science del gennaio 1961.

Secondo Marcello Rodinò la “Telescuola” era un’innovazione di livello internazionale. Questo perché aveva permesso non solo di seguire le lezioni via tv (cosa che avveniva anche all’estero), ma pure di sostenere gli esami. Esami, a dire il vero, che in Olanda nel giugno del 1962 Bart Prinsen, studente costretto a letto da una malattia, affrontò addirittura per telefono. Un passo ancor più avanti, verrebbe da dire.

Nel 1961 negli Stati Uniti, in sei stati del Midwest, con un DC-6 fu invece sperimentata la Stratovision. L’aereo, superando in quota la curvatura terrestre, trasmetteva lezioni tv nelle località prive di scuola, evitando così la spesa di una televisione a circuito chiuso per raggiungere 5 milioni di studenti in 13 mila istituti.

Ma chi immaginava una soluzione ancor più efficiente – sebbene datata nel futuro – era il Bell Telephone System, il gruppo della più grande compagnia telefonica del mondo, l’At&T. E la mostrò in varie occasioni. Una di queste fu sulle pagine del magazine dei boy scout statunitensi, Boys’ Life. Un fumetto della casa telefonica raccontava di Chip Martin, cronista di un college, al quale uno scienziato mostrava come nel 2000 un ragazzino immobilizzato a letto per una frattura avrebbe seguito le lezioni con quella che chiameremmo didattica a distanza grazie a un videotelefono. Se si osserva con attenzione la vignetta si può individuare anche una stampante integrata nel visore.

Un cartone animato sempre di At&t e sempre del 1962 mostrava poi come nella famiglia del futuro i ragazzini avrebbero seguito le lezioni attraverso lo schermo di un videofono. Ovviamente non si tratta di nessuna profezia, ma previsioni fondate su basi scientifiche e su una particolare visione del domani (della quale parla ampiamente il libro “Il futuro è sempre esistito”).

Uno dei quadri del fumetto di Chip Martin "Telephones of tomorrow" comparso su Boys' Life del novembre 1962.
Uno dei quadri del fumetto di Chip Martin “Telephones of Tomorrow” comparso su Boys’ Life del novembre 1962.

Classi distanziate e collegate

Un altro esperimento di scuola a distanza fu realizzato nel Middlesex nel Regno Unito. Gli insegnanti della Hayes Grammar School tennero videolezioni interattive per gli studenti della Barnhill Secondary Modern School. In un’aula due telecamere e un prof che con una bottoniera e un monitor gestiva la sessione e, a due miglia di distanza, collegata via etere un’altra classe seguiva la lezione su uno schermo da 27 pollici con il supporto di un tutor in aula. “L’insegnante – raccontavano le cronache – può interrogare gli alunni della classe ricevente e questi possono porre a lui delle domande”. Ed era il 1962.

Edoardo Poeta

Edoardo Poeta è giornalista dal 1989. Ha lavorato per Il Messaggero, Corriere dell’Umbria e uffici stampa. Tra i fondatori di 2L Italia, prima rivista italiana in/su Second Life, scrive di nuove tecnologie e comunicazione digitale. Laureato in Giurisprudenza, si è perfezionato in Scienze della comunicazione a La Sapienza. È tra gli autori di “Cittadinanzadigitale” (a cura di Luisanna Fiorini, 2009, Edizioni Junior). Nel 2014 ha pubblicato come ebook, per Falsopiano, la prima edizione de “Il futuro è sempre esistito”. Nel 2018 è uscita la prima edizione cartacea e ampliata de "Il futuro è sempre esistito" . Nel 2020 la seconda e ultima edizione disponibile anche in ebook (Edizioni Incontri).